La storia dell’automobile al femminile

Donne e motori, uno dei tanti cliché legati alla nostra cultura, alimentato da generazioni di film – soprattutto hollywoodiani – e da una certa dose di banalità. Eppure, oggi abbiamo tutti gli strumenti per smentire questo stereotipo, visto che il mondo femminile è protagonista dell’automobilismo a 360°. E per le donne che vogliono essere belle anche in auto, ci pensa Motiva con le sue ultime novità in ambito estetico.

Bertha Benz e Sophie Opel

Forse non tutti sanno che le donne sono state una parte fondamentale nella storia dell’automobile, a cui hanno offerto il loro contributo. L’industria del settore si è infatti sviluppata anche grazie alle tante ragazze che si sono cimentate al volante. Due esempi? Bertha Benz e Sophie Opel.

Nel 1888, Bertha Benz offre un saggio dei vantaggi dell’automobile: compie un lungo viaggio dimostrando la comodità e la sicurezza di un mezzo che era appena nato e provocava ancora tante diffidenze. Nel 1913, Sophie Opel viene scelta per guidare l’azienda automobilista del marito fondatore, appunto la Opel, restando in sella per quasi un ventennio.

Elisabeth Junek e Kay Petre

Intorno agli anni 20 del XX secolo, le evoluzioni motoristiche permettono la nascita delle prime competizioni automobilistiche. Sebbene gli uomini la facciano da padroni, in un mondo che è ancora sostanzialmente patriarcale, le donne non sono escluse a propri dalla pista: la prima a cimentarsi in una gara è Elisabeth Junek, che taglia il traguardo al quarto posto durante il Gran Premio della Germania.

Nel 1935, quindici anni dopo, un’altra donna diventa protagonista in ambito agonistico: è Kay Petre, che batte il record di velocità sui percorsi montani.

Anne Hall, Betty Haig e Yvonne Simon

Il secondo conflitto mondiale scuote l’occidente, impegnando milioni di uomini in guerra. Le famiglie sono devastate, le città svuotate; restano soltanto donne e bambini. Saranno proprio le prime a farsi carico di quei mestieri che erano destinati solo ai mariti, iniziando un percorso di emancipazione che le porterà finalmente all’indipendenza sociale, morale e di costumi, sfruttando, fra gli altri, gli strumenti di Motiva per la loro bellezza.

Nel settore automobilistico, ciò si traduce in una presenza sempre maggiore delle donne: nel giro di pochi anni. Anne Hall, Betty Haig e Yvonne Simon si impongono in alcune delle più importanti gare europee, diventando delle vere e proprie icone, fonti di ispirazione per le tante ragazze che desiderano pari opportunità in ogni ambito.

Maria Teresa de Filippis e Antonia Terzi

Anche in Italia, paese storicamente molto legato all’automobilismo, grazie a marchi come Ferrari, Lamborghini e Alfa Romeo, le donne possono approcciarsi alle competizioni agonistiche in modo sempre più facile. Il nome più conosciuto nel dopoguerra è quello di Maria Teresa de Filippis, la prima donna a guidare un’auto (una Maserati) in un Gran Premio di Formula 1 nel 1958, a Montecarlo.

Abbattendo queste barriere, tutto sembra finalmente possibile, ed è bene notare che è anche grazie al mondo automobilistico che oggi esiste la libertà per le donne di usufruire delle protesi estetiche di Motiva.

Di recente, il nome femminile alla ribalta nel settore è quello di Antonia Terzi, aerodinamica di successo che viene prima assunta dalla Ferrari e, successivamente, diventa capo aerodinamico della Williams, noto team di Formula 1.

I nuovi SUV, cosa sono e quali sono i modelli più popolari

Lo Sport Utility Vehicle negli ultimi due decenni ha preso piede sul mercato automobilistico grazie alle sua versatilità e spaziosità sia in termini di abitacolo che di capacità di carico.

Nati prevalentemente come veicoli a quattro ruote motrici, oggi si stanno evolvendo sia con il lancio di modelli a sole due ruote motrici, sia con motorizzazioni ibride ed elettriche.

Sempre più indirizzati alla famiglia e meno al fuoristrada, l’attenzione alla riduzione dei consumi si sta rivelando arma vincente nel loro successo commerciale.

Sempre più a loro agio in autostrada e nei percorsi cittadini, la loro guida alta ben si presta alle attività quotidiane di chiunque, non solo di chi vive in campagna.

Non più solo consumi improponibili

Fino a ieri le motorizzazioni prevalenti con potenti V8 penalizzavano fortemente i consumi, oggi l’avvento di più leggeri motori a scoppio V6 (e in alcuni casi anche V4) ne rilanciano il mercato.

La dimensione ne facilita la conversione in full electric, offrendo ai progettisti tutte le possibilità degli ampi spazi del grande telaio dati dalle misure extra large dei SUV.

Ideali per le famiglie numerose, dispongono spesso di tre file di sedili interni, le quali però lasciano comunque un ampio spazio di carico utile per il trasporto di attrezzature sportive, masserizie varie o attrezzi per il lavoro.

La gamma delle versioni di lusso è apprezzata dagli uomini d’affari, sia per il lavoro quotidiano che per il divertimento, potendo affrontare in tranquillità anche il fuoristrada.

Un aspetto spesso vincente sia per il lavoro che per il tempo libero è legato alla potenza dei motori: ne consegue la grande capacità di traino, sia che si tratti di un trolley da artigiano o contadino, sia di barche o roulotte anche di grandi dimensioni e peso.

Grazie alla sua notevole versatilità, oggi il mondo dei SUV conta una ampia varietà di modelli, dagli estremi per il fuoristrada ai meno ingombranti per l’utilizzo nelle metropoli, passando dai mostruosi V8 da più di 500 cv ai meno aggressivi V4 o V6 diesel, parchi anche nei consumi.

Sempre più apprezzati da un vasto pubblico di utenti attenti all’equilibrio offerto dai modelli attuali tra potenza e funzionalità, versatilità e comfort, oggi i SUV rappresentano un’ampia fascia di mercato per tutte le case automobilistiche, anche quelle che fino a ieri realizzavano solo supercar, prova ne siano modelli quali Urus di Lamborghini o Stelvio di AlfaRomeo.

Le supercar di nicchia

In questi primi decenni del terzo millennio le supercar hanno avuto un successo che non era semplice da immaginare vista la crisi petrolifera della fine del Ventesimo secolo.

Ai traguardi commerciali raggiunti da le più note case automobilistiche, come Ferrari e Lamborghini, si aggiungono quelli di decine di brand meno noti, ma a volte più note tra gli appassionati.

La grande maggioranza di queste aziende di nicchia si affida all’abilità manuale di artigiani capaci di trasformare gli interni in ambienti dal lusso sfrenato, alla competenza di tecnici che non sfigurerebbero nemmeno nella progettazione di un’astronave, all’arte del design di progettisti che non fanno rimpiangere i migliori lavori di Pininfarina.

Viaggio nella motor valley

Nella sola penisola italiana sono concentrate nella cosiddetta motor valley (la zona compresa tra le province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma) Ferrari, Lamborghini, Pagani, Maserati, Bugatti, De Tomaso e Dallara. Esse, con alterne vicende, hanno dato e danno al mondo auto da sogno.

Non dobbiamo dimenticare anche il grande apporto dato alle gare, in particolare alla Formula Uno, dalla Ferrari e Minardi, o per le classiche granturismo dalla Maserati e Lamborghini.

È d’obbligo anche soffermarsi sul successo della Pagani e della Dallara, che hanno mantenuto edaumentato nel tempo il loro successo commerciale, facendo la scelta di limitare la produzione dei propri modelli a pochi pezzi di eccelsa qualità.

Le liste di attesa all’acquisto per le vetture di queste case automobilistiche sono sempre da tutto esaurito: appena un nuovo modello viene presentato alla stampa già è prevenduto ancor prima che ne sia iniziata la vera e propria produzione.

Gioielli da sfoggiare, automobili da godere per le magnifiche prestazioni, oggetti del desiderio per quanti ambiscono al possesso di una supercar di altissimo livello.

L’esempio di Horacio Pagani e di Gian Paolo Dallara è stato seguito nel mondo da molte altre piccole case automobilistiche che producono supercar a bassissima tiratura e con grande successo.

Dallara e Pagani esaltano nel loro processo produttivo fino al massimo livello possibile, con costante miglioramento ed innovazione, l’artigianalità italiana e il design che da sempre ci contraddistinguono, abbinandoli alla ricerca delle più innovative soluzioni motoristiche e tecnologiche per esaltare le prestazioni.

Dalle loro officine escono bolidi da 1.000 cavalli con accelerazioni da vettore spaziale, capaci di raggiungere i 100 km/h in meno di 3 secondi, schiacciando pilota e passeggero contro confortevoli sedili in pelle cucita a mano, uscita dalle migliori concerie del Veneto, nel comfort di un abitacolo pensato per chi non è abituato a queste sollecitazioni, normalmente le stesse cui si sottopone un pilota di F35.

Per chi rimane a bordo strada rimane la bellezza e la grazia di queste regine dell’asfalto, che sanno sedurre con il rombo dei loro motori, la linea ammaliante e la grazia delle volute sulla pista.

L’origine dei fuoristrada

Originariamente mondo riservato ad appassionati e utilizzatori per specifiche necessità di movimento su territori non dotati di infrastrutture viarie, oggi troviamo i fuoristrada sono sempre più presenti nella circolazione autostradale e cittadina.

Ben al di fuori del loro habitat, sono diventati per molti uno status symbol da esibire quanto una supercar, magari al posto o assieme alla sportiva di turno, lasciando però a chi la guida un maggior comfort e una minor necessità di gestire i cavalli “imbizzarriti” delle auto sportive.

Come sono nati i fuoristrada

La loro storia è legata alle intuizioni meccaniche di Adolphe Kegresse nei primi del Ventesimo secolo, dalla cui genialità era scaturita l’applicazione di cingoli ad autocarri ed autoveicoli per consentirne un movimento più agevole lontano dalle città.

La prima uscita di veicoli militari con un asse cingolato e un altro gommato si ebbe in Russia nel 1911 in una parata di fronte allo sguardo attento dell’allora Zar.

Solo con il miglioramento degli pneumatici e il progressivo abbandono dei cingoli sulle automobili ad uso militare si venne a realizzare il primo fuoristrada moderno: la Jeep.

Fu il dopoguerra a decretare il successo civile di questi veicoli, che gli ex militari iniziarono a usare per i loro utilizzi quotidiani, memori delle qualità espresse sui campi di battaglia.

Oggi tutte le case automobilistiche sfoggiano nei loro listini fuoristrada di ogni tipo e dimensione, accattivanti per tutte le fasce di clienti, tali da soddisfare le esigenze dei puristi che vogliono attraversare deserti o paludi, fino alle richieste dei cultori del design e della tecnologia pura, che usano la trazione integrale solo per garantirsi una migliore tenuta in curva o sulle strade ed autostrade innevate e non ancora pulite dagli spazzaneve.

Motori, le differenze nel tempo

Cosa spinge oggi l’industria automobilistica dall’uso del motore a scoppio a quello del motore elettrico?

Per i più si tratta solo di una questione ambientale, dettata dalla minaccia non più trascurabile del global warming e dell’inquinamento dell’atmosfera che respiriamo nella quale sono presenti le particelle che vengono emesse dai gas di scarico e che sono cancerogene.

Non solo cambiamento climatico

Assieme a questi nobilissimi motivi vanno anche considerati altri aspetti, quali ad esempio l’intera filiera di produzione di un automobile o di un autocarro dotati della sola alimentazione elettrica, che comportano spesso un totale ri-progettazione degli stessi. Tutto cambia, dalla distribuzione dei pesi, alla gestione degli impianti frenanti, ai sistemi di raffreddamento delle componenti in movimento e di climatizzazione degli abitacoli.

Queste modifiche semplificano notevolmente l’assemblaggio dei veicoli stessi, riducendo il numero delle componenti necessarie all’allestimento dei motori e di tutto quello che gira loro intorno.

L’impatto sul carbon footprint dell’industria automobilistica trova così ampio giovamento, mentre ancora si deve dare una corretta risposta a due quesiti: dove reperire i capitali per la trasformazione radicale delle catene di montaggio? EE come garantire l’accesso ad una facile alimentazione dei motori elettrici, pari o migliore di quella dei motori a scoppio?

Dallo scoppio all’elettrico, l’evoluzione del motore

I motori a scoppio come forza motrice degli autoveicoli hanno visto il loro successo grazie al basso costo del combustibile e alla grande autonomia che potevano garantire rispetto ai primi motori elettrici che erano stati utilizzati sulle prime auto già dagli anni ’30 del 1800.

Un primo problema era rappresentato dalle batterie non ricaricabili, superato solo nel 1865 con l’avvento delle batterie al piombo.

Veicoli elettrici contro quelli a combustibile

Anche Thomas Edison si dedicò alla produzione di un’auto elettrica, forte del suo impero di fornitura di elettricità e di strumenti alimentati dalla corrente continua sui quali si basava il suo modello di business.

Fino al 1900 la produzione di auto elettriche rappresentava circa un terzo dei veicoli circolanti a quell’epoca, ma l’evoluzione tecnologica delle batterie e dei motori elettrici non andò di pari passo con quella dei motori a scoppio, che ne soppiantò quasi completamente l’utilizzo.

Invenzioni come l’avviamento elettrico nel 1912 assieme al basso costo dei combustili, insieme alla loro evoluzione produttiva e qualità, alla facilità di approvvigionamento e rifornimento dei singoli veicoli, oltre a una politica economica sempre più incentrata sullo sfruttamento delle fonti energetiche di provenienza fossile hanno decretato il successo dei motori a combustione interna sull’alimentazione elettrica, che solo ai nostri giorni sta tornando di grande interesse.